Per gli amanti della numerologia, dati aggiornati recitano: popolazione residente 14 persone; altitudine sul livello del mare 333 metri.
In realtà non c’è granché di ‘storico’ da dire sulla piccola frazione di Roccamurata. Più che altro ricordi. Il dopolavoro ferroviario, la piccola balera, le piroette e il suono della fisarmonica che veleggia a mezz’aria nelle sere d’estate smorzando il canto dei grilli, il campo di bocce accanto alla ferrovia con l’esultanza o le bestemmie dopo il cozzare secco del legno tra boccia e pallino, la vecchia trattoria accanto al passaggio a livello (unico oggi rimasto dei due che punteggiavano il vecchio percorso della Provinciale di fondovalle). Una frazione che ha visto tempi migliori. Poi sono giunti abbracci e lacrime per l’emigrazione. Quegli stessi affetti che, chi era rimasto, festeggiava quando facevano ritorno dall’America nelle estati sempre troppo brevi per gli emigranti ritrovati nelle tante feste montanare. Raccontavano le meraviglie di una terra promessa a stelle e strisce che li aveva adottati nella ricerca di un lavoro, di una vita migliore, di un futuro per sé e i propri figli. Roba da secolo scorso, lontana distanze siderali dalla crisi che oggi toglie il sonno a Barack Obama.
Allora non era come adesso. Tanto per cominciare a Roccamurata c’erano ben due passaggi a livello. Sembravano fatti apposta per difenderla come una preziosa fortezza. Attese interminabili a sbarre abbassate sotto il sole cocente di ferragosto. Improbabili dogane per poter transitare attraverso un paese speciale ricco solo di tesori immaginari, visto che poteva contare addirittura su qualcosa di simile a due chiuse. Una striscia di case affacciate sul Taro e incasellate da due barriere ferroviarie che –al pari di altrettanti ponti levatoi- ne facevano un angolo di mondo quieto e riservato, quasi protetto nel lento scorrere del traffico, allora tutt’altro che caotico. Qualche camionista che faceva tappa d’obbligo all’osteria, rare auto di villeggianti parmigiani che mai si fermavano mentre puntavano il muso verso Borgotaro, zero turisti dal resto d’Italia; men che meno dall’estero.
Le cose cambiano, al passo coi tempi. Forse ciò che stupisce di più è il confronto dei dati demografici fra quelli nei siti web contemporanei e le cifre risalenti al 1976 scovate in un annuario. Solo l’altitudine non è cambiata; sempre 333 metri s.l.m. Anche se il recente smottamento del paese -causa di contenzioso- fa dubitare che rimanga lì dov’è: può darsi che i dati ufficiali dovranno essere riscritti, se tutto l’abitato scivolerà nella pancia del Taro portandosi appresso anche i binari della ferrovia prospiciente. Roccamurata non si merita una fine diroccata, da paese fantasma. Poi, altrettanto drammatico, emerge che in quasi quarant’anni la popolazione residente è scesa da 133 a 14 anime. Che dire che non si sappia già? Lo spopolamento delle nostre montagne è una piaga insanabile per tutti coloro che amano questi posti.
 Cosa rimane? Provare a sperare che non tutto sia cambiato o perduto per sempre, ripercorrere i passi di Enrico Dall’Olio quando consiglia nel 1976 di ricercare <<ai piedi del Groppo rare piante medicinali quali l’ornitolago e il prezioso timo volgare>>. Magari ci sono ancora. Una minuscola ricchezza per Roccamurata, una grande soddisfazione nel senso di continuità con il suo passato.

Mauro Martini Raccasi
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